Sabato 9 agosto si è tenuto nel giardino della biblio.ludo.teca La Sorgente di Poschiavo l’incontro, organizzato dalla Pro Grigioni Italiano Valposchiavo, fra la poetessa Margherita Coldesina, ticinese ma d’origine valposchiavina da parte di madre, e il critico letterario poschiavino Simone Pellicioli. La compostezza sagace, dell’uno, in dialogo con l’abbrivio insolito, dell’altra. Due impostazioni diverse come due binari che corrono paralleli e hanno però portato lontano. È stato uno spasso per la dinamica che si è creata, le battute, a volte le non risposte date dalla poetessa che portavano però ad aprire altre porte, a catapultarci nella sua visione del mondo e dentro il suo mondo poetico.
Coldesina ha già avuto modo di presentarsi ed esibirsi in Valposchiavo, come riferito nella presentazione dell’operatrice culturale Pgi, Saveria Masa, in occasione di un Poetry Slam in Casa Torre di 5 anni fa e di un altro incontro per la presentazione del volume Potere alle parole – Passaggi in-versi di qualche anno fa. Sceneggiatrice (nota per i radiodrammi della RSI), attrice, artista, è tornata a Poschiavo in una giornata di mezza estate ed è stata accolta da una quarantina di persone interessate alla sua poesia e alcune provenienti da Campocologno, luogo d’origine della madre.
Sulla Valposchiavo spende belle parole, anche se un po’ criptiche: «Solitamente sono ostaggio della bellezza e quindi sto bene in questi bei luoghi come la Valposchiavo. Qui sento vibrare una frequenza alta in sintonia come me stessa. C’è qualcosa di tagliente, di pericoloso e ardito qui. Sembra una terra che sta riposando sul cratere di un vulcano». La Valposchiavo dà vibrazioni positive per la sua ispirazione, come è successo la notte precedente a Campocologno: «Il segreto è prendere l’invisibile e trattarlo da pari, fargli fare ginnastica, non bisogna più inginocchiarsi, bisogna flettere, addestrare il buio a farsi vedere, che prima o poi esce come un tubetto di maionese, esce. Prima o poi due occhi come spilli prendono il treno del giorno e ti pungono il mattino, ti scuciono gli occhi dall’orso del sonno e ti lanciano come un petardo nel giorno».
Già qui capiamo l’imprevedibilità della sua poesia al contempo profonda e a volte tagliente, astratta e al contempo “chiara”, che ti porta dal qui abitudinario all’altrove e ti svela l’invisibile, il mistero, il sogno e la fugacità di un attimo, la verità. «Più misterioso del segreto è la verità», dice al pubblico, e rivela di preferire all’artificio l’incanto di un bambino che ha verso il mondo.
Per la poetessa ticinese la poesia non nasce dentro di sé, ma arriva e lei si fa mediatrice dopo averla raccolta: «La poesia è trovare un fungo. È lì». Ed è anche strumento per portarla alla luce, perché grandi sono le doti di Margherita Coldesina nella performance oratoria e vocale, come si è potuto ascoltare durante l’incontro, ma anche vedere in quanto è veramente forte la sua presenza scenica.
L’incontro ha intrecciato l’intervista con letture. Coldesina ha letto diverse poesie dalle raccolte già pubblicate “Povera vacca” e “Il gioco era dirsi”, e quelle che verranno pubblicate “Tragedie svizzere” e “Non Biancaneve”. Alcune si possono ascoltare nel video pubblicato sul nostro giornale online.
La serata ci ha portato quindi in dono Margherita Coldesina e la sua poesia surreale (alla patafisica, l’ha accostata Fabiano Alborghetti), pop, vibrante e senza paura di dire quel che necessita. La presentazione è stata talmente bella, merito anche della bella serata estiva e dell’empatia creatasi, che neppure il sottofondo musicale (o forse è meglio dire, il vigore musicale) proveniente da un locale lì vicino ha dato fastidio. Forse sarebbe stato di enorme disturbo in qualsiasi altro contesto; ma in questo incontro grazie al dialogo interessante e all’attrazione catalizzante di una figura come Coldesina, è sembrato un giulivo contorno sonoro.