Il viso incorniciato dalla barba bianca e dal copricapo nero con il velo che scende sulle spalle, Gregorio Laham III, patriarca emerito di Antiochia, in Siria, ha lo sguardo profondo e l’aspetto ieratico del vero ministro di culto e, a dispetto dei suoi 93 anni, recita la sua omelia con voce stentorea e ritmo incalzante. Forse anche per questo il suo richiamo a non chiudere gli occhi di fronte alle tragedie che si stanno consumando in tutta la travagliata area del Medio Oriente, Palestina in primis, suona un po’ come uno schiaffo alle coscienze sopite di un Occidente distratto e poco attento a quanto accade a due passi da casa sua.
«Una grande vergogna» non esita a definire quanto sta avvenendo a Gaza, ricordando anche per sommi capi i principali focolai di conflitto attualmente attivi nella polveriera del Levante.
Gregorio Laham III è stato ospite a Poschiavo dal 15 al 18 agosto su invito di “Aiuto alla Chiesa che soffre” accompagnato da Lucia Wicki-Rensch, responsabile per la Svizzera italiana dell’associazione, e ha partecipato a diverse celebrazioni: sei messe tra sabato e domenica scorsi, al monastero delle suore Agostiniane, alla Collegiata di San Vittore e alla chiesetta di Cologna.
«Ringrazio questa associazione, impegnata in 140 Paesi del mondo dove c’è molta gente che soffre, sia nell’anima che nel corpo» ha sottolineato l’alto prelato nella sua omelia.
Il riferimento è anche per tutti i cristiani che non possono vivere serenamente la propria fede.
«Specialmente in Medio Oriente: Libano, Siria, Giordania, Palestina, Egitto, Iraq, Israele. È la culla del Cristianesimo - ancora il patriarca -. Voglio raccontarvi dei problemi che vivono i cristiani in questi Paesi. In Siria c’è molta insicurezza con essa arriva la paura di ciò che potrebbe accadere: morte, rivoluzione, rivolte. I nuovi governanti non hanno tutto sotto controllo e rimane molta incertezza. La domanda principale è: che tipo di Stato verrà costruito? Il rischio è che venga creato uno Stato islamista. In questa complessa situazione ci sono forze esterne che stanno spingendo in questa direzione e cercano di trascinare la Siria in una guerra civile. Ci sono già saccheggi e massacri qui e là nella guerra tra gruppi sciiti e sunniti, una questione interna al mondo dei musulmani per la quale soffriamo anche noi cristiani. Abbiamo molti martiri e sono grato ai patriarchi cristiani che rimangono lì a dare forza al loro piccolo gregge. La miseria è grande, ma anche la solidarietà è grande. Al Sud, alla frontiera con Israele, da mesi e mesi succedono cose terribili con cristiani e musulmani del Sud che hanno dovuto rifugiarsi in Libano, dove hanno trovato aiuto».
Non poteva mancare un accenno al delicato quanto drammatico conflitto israelo-palestinese.
«Nel 1947 Israele e Palestina erano due Stati e per una ventina d’anni non c’è stata alcuna guerra» ricorda Gregorio Laham III. Dagli anni 60 in poi, però, l’area è diventata sempre più instabile, fino ai fatti del 7 ottobre 2023 quando le milizie di Hamas hanno messo a segno un blitz costato la vita a oltre 1.200 israeliani al quale Israele ha reagito con la controffensiva ancora in atto che diversi osservatori definiscono genocidio.
«L’Onu e tutti gli Stati del mondo non sono chiari su quanto sta succedendo lì - il monito del patriarca siriano -. È una grande vergogna che coinvolge tutti. Tutti parlano di pace e di diritto alla sopravvivenza della Palestina, ma inviano armi a Israele per la conquista della Palestina. America, Europa e Turchia non sono sinceri, per questo il problema della Palestina resta senza soluzione».
Comunque la si guardi, una tragedia di immani proporzioni. E quello che succede da quelle parti non riguarda solo “gli altri”.
«Il tratto comune di tutte queste situazioni è la diminuzione della presenza cristiana: per esempio, nella città a sud di Damasco, dove l’apostolo Paolo ha predicato per tre anni e che possiamo quindi considerare la culla del cristianesimo, prima del 2010 c’erano 7mila cristiani, adesso ne sono rimasti 3mila. Nel villaggio a fianco c’erano 4.200 cristiani, oggi sono soltanto 800 - ancora Gregorio Laham III -. Sono tanti i villaggi in cui si trova una piccola presenza di cristiani, e hanno sempre avuto tutti buoni rapporti con il mondo islamico. Il problema non è l’Islam, ma queste organizzazioni di fanatici come l’Isis che vogliono distruggere le relazioni tra le religioni. In Siria c’erano 1milione e 500mila cristiani, adesso sono soltanto 300mila. La presenza cristiana in quei luoghi è importante per dare una testimonianza di fede. Se i cristiani rimangono lì rappresentano una garanzia per il mondo sulla possibilità del dialogo tra mondo cristiano e mondo islamico».
La conclusione non può essere che una: «Preghiamo quindi per la pace e perché il dialogo rimanga vivo. Siamo tutti chiamati a essere martiri, ovvero testimoni della fede. Anche qui in Svizzera. In questo modo possiamo essere fedeli al battesimo, la chiamata che ci invita a essere sale, lievito e luce per tutto il mondo».