A cento anni dalla nascita di Remo Fasani
Cento anni fa esatti nasceva a Mesocco Remo Fasani, poeta, traduttore e studioso di letteratura e professore ordinario di lingue e letteratura italiana presso l'Università di Neuchâtel dal 1962 al 1985.
La Pgi è lieta di celebrare questo importante anniversario pubblicando un contributo del Dr. Andrea Paganini, uno dei massimi esperti di Fasani.
Cogliamo inoltre l'occasione per ricordare altre due date importanti che la Pgi dedicherà alla figura di Remo Fasani: la Giornata di studi, che si terrà in data 11 novembre presso l'Università di Zurigo (https://www.pgi.ch/.../giornata-di-studio-dedicata-remo...) e la serata organizzata da Casa della Letteratura per la Svizzera italiana prevista per il 25 novembre (https://www.pgi.ch/it/eventi/serata-dedicata-remo-fasani).
L’eredità di un poeta
Cento anni fa nasceva Remo Fasani (Mesocco, 31 marzo 1922-Grono, 27 settembre 2011), il poeta più fecondo del Grigioni italiano, insieme a Felice Menghini e a Grytzko Mascioni, e tra i più importanti della Svizzera italiana (ha vinto quattro volte il Premio Schiller e nel 1994 il Premio grigione per la cultura).
La bellezza del mondo:
il sole che si specchia in ogni cosa
e lo stellato in una notte piena:
tutto quel lume e palpito di grazia –
soltanto questo ci potrà salvare
dalla violenza, il male che ci estrania.
La viva carità dell’universo,
se l’accogliamo – e solo questo attende –,
sarà armonia alla vita fatta a pezzi.
(da Il vento del Maloggia)
La poesia, per Fasani, è lo stupore di chi osserva le cose con occhi puri, disarmati, occhi che svelano l’essenza della realtà attraverso l’evidenza più autentica, invisibile a uno sguardo superficiale e frettoloso: intrinseca alle cose, non fa rumore, ma “appare”. Poesia significa poi chiamare le cose con il loro nome più vero, con grazia. Da qui la preminenza della semantica, nei suoi componimenti, limpidi e sobri come una chiesetta romanica, pur nella scrupolosa attenzione agli aspetti metrici e formali. Questa schiettezza, priva di forzature retoriche, può anche dare un’impressione di sconcertante semplicità e ingenuità, ma si realizza grazie all’attento e perseverante affinamento della sensibilità e a una fedele dedizione al “tutto della vita”.
Tra i temi della sua ricca produzione – dall’esordio di Senso dell’esilio alla svolta di Qui e ora, dalle Quaranta quartine ai Sonetti morali, dal Vento del Maloggia ad A Sils Maria nel mondo, da Sogni fino al testamento poetico dei Novenari – emerge quello del paesaggio alpino. Ma non si tratta solo di una descrizione: per Fasani le montagne, gli alberi, i corsi d’acqua, il vento, la luce, il silenzio… portano “oltre” e stimolano il lettore ad affinare pure il proprio sguardo. Accanto a una lettura quasi mistica del mondo, troviamo un altro filone della sua poesia, che affronta tematiche impegnate in genere non toccate dalla tradizione lirica, come le polemiche e le invettive contro le storture ambientali, politiche o sociali, contro il malcostume in genere. Soprattutto negli ultimi anni la poesia diventa per Fasani la compagna fedele delle sue giornate, in un dialogo diaristico con la realtà, con altri uomini di penna (Mario Luzi, Cristina Campo, Friedrich Hölderlin…) e con le persone incontrate nelle sue passeggiate solitarie, prima ancora che con i lettori: un dialogo ricamato su una trama etica e spirituale.
Quale studioso e critico letterario – sulle tracce di Giovanni Andrea Scartazzini (un altro grande letterato grigionese) – Fasani, che ha insegnato letteratura italiana all’Università di Neuchâtel ed è stato anche traduttore, si è occupato soprattutto di Dante, sviluppando un proprio metodo filologico e paleografico per studiare la Divina Commedia: il “metodo dei legami” o – così lo chiamerei – il “metodo Fasani”, degno di figurare accanto ai metodi Lachmann, Bédier e Barbi.
Ma la vera eredità di un poeta è la sua poesia, che vive nel momento in cui viene letta con affetto. La poesia infatti, prima di poter essere spiegata, si dà. Ecco perché, per chi volesse avvicinarsi a questo grande Montanaro, poeta, studioso di Dante (così volle intitolare un nostro libro-intervista del 2005), propongo qui due suoi componimenti poetici.
Chi sei, che mi saluti e mi sorridi
nella mia lingua, e forse tua;
chi sono, che ad un modo ti rispondo?
Che mai ci chiama, tu e io,
di tra una gente sconosciuta,
sconosciuti a noi stessi l’uno e l’altra?
E chi somigli tu,
io chi somiglio per sentirci attratti,
come se già una volta,
in questa vita od in un’altra,
ci fossimo incontrati, forse amati?
Non lo sappiamo, noi,
e non cerchiamo di saperlo.
Ci basta quel saluto e quel sorriso,
il tuo e il mio, il nostro:
sigillo dell’intesa e del mistero.
(da A Sils Maria nel mondo)
Andrea Paganini