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Festa della donna: fermiamo la violenza domestica

«Dietro le nuvole c’è sempre il sole», questo l’augurio speciale che desidero rivolgere con quest’articolo alle donne che subiscono violenze domestiche. Ci siamo fatti aiutare ad approfondire l’argomento da  Gian Beeli, capoufficio dell’aiuto alle vittime dei Grigioni, e abbiamo così cercato di tracciare una linea riguardante gli atti criminali verso il gentil sesso in Svizzera e nei Grigioni.

Si sente spesso parlare di femminicidio; in realtà questo è solo l’ultimo capitolo di una serie di violenze che la donna subisce tra le mura di casa. In genere la donna non racconta mai di un solo episodio singolo e sporadico, bensì di una serie di avvenimenti che iniziano con una minaccia o un conflitto per poi continuare in modo sempre più grave. Ma perché allora la donna non scappa da questa situazione?

Gian Beeli, capoufficio dell’Aiuto alle vittime dei Grigioni, spiega: «È un circolo vizioso da cui è difficile uscire, perché la donna col tempo si abitua alla violenza sia fisica che psicologica. Si pensi come in una relazione anche molto conflittuale spesso non ci siano solo i momenti brutti, ma anche quelli belli; la felicità infatti aiuta a dimenticare la violenza che poi puntualmente ritorna».

La rottura non è immediata e scontata dopo le prime avvisaglie. «Tra la vittima e l'aggressore c'è spesso qualcosa che li unisce – dice Gian Beeli – e spesso le donne sperano in un suo cambiamento che però non avviene. Spesso noi verifichiamo che la vittima si separa, ma poi ritorna dal marito o compagno. Questa dinamica alternata è frequente e ci vuole l’aiuto di famigliari ed esperti sociali per far uscire la donna da questa situazione drammatica». E la paura? «Anch’essa gioca un ruolo determinante: per esempio spaventa l’incertezza nei confronti del futuro o si teme un ritorno violentissimo dell’aggressore dopo una separazione».

Di certo, all’interno di questa relazione, la donna ne esce con fatica. L’uomo è in grado di attuare un processo graduale di svilimento della sua consorte. Così la donna si scoraggia e perde l’autostima. Spesso in queste situazioni c’è una dipendenza finanziaria, psicologica e culturale che il compagno utilizza a suo favore e tuttavia cerca di tener nascosto. La donna in questi casi spesso si ripete: «Io non riesco ad andarmene, oppure non so vivere da sola o io non ce la posso fare!» e inoltre prova vergogna. Comunicare questo disagio è comunque difficile perché spesso non si viene capite ed emerge il timore di non essere prese sul serio.

Quindi la donna si abitua alla violenza che diventa una routine e spera sempre in un cambiamento del marito o compagno. In fondo chi non spera che il proprio uomo cambi se c’è qualcosa che non va? È proprio la perdita della speranza nei confronti del cambiamento che fa scattare un campanellino d’allarme nella donna e la fa muovere nella direzione opposta, allontanandosi dalla situazione pericolosa.

Beeli asserisce: «Il cambiamento si manifesta in genere dopo una violenza più grave del consueto, oppure se la violenza è rivolta ai figli. I figli giocano un ruolo fondamentale e spesso la madre dice basta quando sono loro a subire violenze».

Il caso estremo è l’omicidio. L’uomo spesso afferma: «Se ti separi ti ammazzo!» Questo perché la separazione va ad intaccare l’onore dell’uomo ed entrano in campo altre componenti come la gelosia. Spesso in questi rapporti l’uomo imprime una gerarchia e usa la forza per difendere il proprio onore fino ad arrivare anche all’omicidio. Mediante questo atto estremo perdono tutto in quanto vengono condannati per il reato e perdono anche i figli. Ma nel momento del delitto scatta quel pensiero stupido: «Io non ho niente da perdere e la posso ammazzare!»

In Svizzera, se si osservano le statistiche, i casi di omicidio sono pochi rispetto all’Europa. Nella Confederazione la criminalità in genere è bassa, ma ben il 34% degli omicidi riguarda l’ambiente domestico (Europa 28%). Numeri alla mano, nel 2016 in Svizzera ci sono stati 19 omicidi nell’ambiente domestico e 18 sono stati femminicidi. Quindi il 95% delle vittime sono donne. Beeli afferma: «Abbiamo in Svizzera una criminalità bassa ma la percentuale della violenza domestica è più alta e, se guardiamo il 2016 le vittime sono quasi tutte donne. Includendo tutte le forme di violenza tra due persone in un rapporto matrimoniale o di partenariato la statistica ci mostra che quasi l’80% delle vittime sono donne. La violenza domestica resta quindi un tema per il giorno della festa della donna».

Puntiamo però l’obiettivo sul nostro Cantone e la nostra regione. «Negli ultimi anni – risponde l’esperto – abbiamo registrato casi di violenza domestica nei Grigioni e anche in Valposchiavo, senza però casi di femminicidio. Teniamo però ben presente che il 40% di tutti i reati in Svizzera e nel Canton Grigioni è sempre nell’ambito domestico».

Nei casi di violenza il consiglio è di aver coraggio e comunicare al di fuori della propria cerchia famigliare i soprusi. Per emergenze si deve chiamare la Polizia che reagisce nell’immediatezza. Inoltre a Coira è presente la Casa per donne che offre alloggio e protezione fin da subito e ad ogni ora. Qui le donne non sono sole, ma si trovano in gruppo. Non si è quindi da sole ad affrontare la problematica. Quest’ambiente è importante perché crea legami, solidarietà e soprattutto sostegno. Invece, per la consulenza nei Grigioni, ci si può rivolgere all’Ufficio Aiuto alle vittime che offre assistenza in 24 ore. Qualora non ci fosse la disponibilità finanziaria, il viaggio e le altre spese verranno coperte senza costi per le vittime.

  • Casa per Donne dei Grigioni: Tel. 081 252 38 02
  • Ufficio Aiuto alle Vittime: Tel. 081 257 31 50

Dalla violenza si può e si deve uscire. Gli uomini che la provocano sono deboli, fragili e incapaci di rapportarsi con maturità e rispetto in una relazione. Gettano fondamenta di paura e negano la libertà altrui. A tutte le donne vittime di violenza dico di non smettete di sognare, perché ogni momento è valido per ripartire e crearsi una vita senza dolore fisico e psicologico. Ricordatevi che non ci sono solo gli ematomi, ma anche le offese e l’annullamento della personalità vanno scacciati in favore di un futuro senza violenza. Soprattutto i famigliari delle vittime devono aiutare e far sì che i maltrattamenti e le brutalità non si ripetano. Abbattiamo il muro dell’omertà. Non lasciamo sole queste donne!

Serena Visentin
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Commenti  
#1 Christen 06.07.2018 04:23
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