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Posti di lavoro per i nostri giovani?

Tra i motivi citati dai responsabili del Centro sanitario Valposchiavo, che hanno causato la chiusura del reparto di ostetricia, spicca la mancanza di collaboratori e in special modo di anestesisti. Pure altri esempi degli ultimi tempi mi portano a fare una riflessione. 

Numerosi e interessanti posti di lavoro in Valle, diventati vacanti, sembrano non destare l’interesse di giovani poschiavini attivi oltre Bernina. Malgrado essi dispongano della necessaria preparazione, preferiscono probabilmente rimanere dove sono, rinunciando a tornare nella loro Valle natia. Molteplici sono gli esempi: dentista, veterinario, dottore, anestesista, insegnante, architetto, ingegnere nel campo delle costruzioni, dell’energia, dell’informatica etc. Nell’arco degli ultimi anni, per ognuna di queste professioni, si nota una carenza di impiegati residenti. Non parliamo poi di professioni come infermieri, artigiani in generale, impiegati d’ufficio, impiegati della gastronomia per i quali la mancanza di lavoratori residenti è nota da anni. Diversi ristoranti e alberghi di prestigio nonché rifugi alpini sono ora gestiti da non poschiavini. Sorge dunque spontanea la domanda del motivo di questa tendenza, considerato che in questi ultimi anni si è investito molto per migliorare l’attrattività della Valposchiavo.

Durante le campagne politiche prima delle elezioni, si discute sempre della necessità di creare posti di lavoro, in realtà però l’offerta di posti supera la domanda perché i nostri giovani preferiscono lavorare e vivere fuori Valle. Certo, è molto difficile comprenderne il motivo, ma la questione si pone. Non è che per caso la nostra Valle sia sì magnifica per i turisti e per i pensionati, ma poco attrattiva per gli altri? O forse i nostri figli li abbiamo cresciuti senza riuscire a imprimere loro la necessaria passione per la Valle natia? Oppure si sono accorti che lavorare in Valle è tutt’altro che facile e non sono disposti a sopportare il peso e i sacrifici maggiori che certe professioni richiedono in un posto di periferia? o magari il clima poco propenso a sostenere le attività lavorative, caratterizzato a volte da invidie e pali fra le ruote, è balzato all’occhio di chi dovrebbe tornare? 

Io non sono in grado di dare risposte, ma voglio lanciare un campanello d’allarme. Dopo aver affidato gran parte dei posti dell’artigianato e della gastronomia agli amici frontalieri, ci affideremo a loro anche per i posti vacanti che richiedono un’alta formazione? Addirittura ci dobbiamo immaginare un futuro con una classe dirigente e politica non residente?

Dunque, la prima domanda è: cosa sta succedendo e perché i nostri giovani attivi in Bulgia non vogliono tornare? E la seconda… chi dovrebbe occuparsi di questa problematica? Serve prima di tutto mettere a fuoco la questione. Poi se non vogliamo subire passivamente la tendenza in atto, è necessario fare un’analisi seria e prendere delle contromisure a media e lunga scadenza.

Reto Capelli

Redazione 150
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Commenti  
#1 Danilo Nussio 03.11.2020 22:27
Condivido molto quanto scritto da Reto Capelli. Inutile, intanto, affannarsi a creare nuovi posti di lavoro di buon livello. Inutile impegnarsi per chiedere collegamenti super veloci. Inutile cercare di creare nuove forme di lavoro non legate ai centri. Il lavoro più impegnativo sarà quello di rendere la Valposchiavo attrattiva per i Valposchiavini. Sembra una proposta assurda, ma sono fermamente convinto che l’inizio del progetto parta da quest’ultima attività promozionale. Complimenti Reto.

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