Mondi in scena alla Torre Fiorenzana
Inaugurata sabato 24 luglio alle ore 17.30 a Grono l’annuale incontro con l’arte contemporanea nello spazio espositivo della Torre Fiorenzana e sul prato circostante. Un pubblico folto e interessato proveniente dalle valli moesane ma anche dal resto della Svizzera, ha potuto approfittare non solamente dell’intelligente e sensibile allestimento operato dalla curatrice Margrith Raguth, ma anche della presenza degli artisti, disponibili a confrontarsi con il pubblico sui contenuti e sulle modalità espressive delle opere. La mostra accoglie da subito lo spettatore con due installazioni che, al di là del valore artistico e culturale, lasciano letteralmente a bocca aperta per la bellezza delle immagini. Innanzitutto nel prato adiacente la torre, messo a disposizione dell’evento dal comune di Grono, l’installazione degli scatti fotografici realizzati da Sabina Lombardo (fotografa ticinese che da anni collabora con Margrith) mettono in evidenza a capacità di usare gli occhi e la mente per cogliere e trasmettere aspetti contrastanti ma univoci nella loro spettacolarità, di due opere architettoniche: la Cappella di Nostra Signora di Fatima in Giova –realizzata secondo i criteri di un’architettura razionale e di sintesi tra il 1986 e il 1988 da Mario Ciampi e Franco Pessina – e il Bruno Weber Park di Spreitenbach, nato dalla fantasia creativa e libera da preconcetti stilistici dell’artista svizzero che, in 50 anni di lavoro, ha dato vita, insieme alla moglie Maria Anna, al parco di sculture più grande della Svizzera a pochi chilometri da Zurigo in prossimità di Dietikon. Pur in contrasto sia per la scelta di utilizzare forme geometriche con prevalenza di bianco l’una e coloratissime forme irregolari e biomorfe l’altra, i dettagli delle due costruzioni resi attraverso l’apparecchio fotografico di Sabina Lombardo mettono in scena la meraviglia del mondo che ci circonda anche grazie alla volontà artistica. Più intima ma altrettanto coinvolgente l’installazione creata nelle «cantine» della torre attraverso la riproduzione fotografica – sempre a cura di Sabina Lombardo – delle pagine illustrate di alcuni diari redatti negli anni dall’artista Erika Salzgeber, suddivise in sezioni che attraversano emozioni e stati emotivi dell’artista ma anche dell’esperienza di ognuno. Invidia, amore, speranza o solitudine, tradotte in immagini dalla sensibilità artistica della pittrice, appaiono ai nostri occhi come fantastiche «messe in scena» della bellezza del vivere quotidiano. I mondi ai quali gli artisti presenti alla mostra fanno riferimento, infatti, nulla hanno di diverso o di speciale rispetto a quelli che circondano l’intera umanità: coglierne gli aspetti più spettacolari e trasmetterne l’intensità è la sfida che l’artista, non sempre consapevolmente, si pone. A volte per farlo si passa attraverso la rivisitazione di opere di artisti del passato, come nel caso di Ernest Pflüger che nei suoi bassorilievi riprende l’incredibile attualità della predica di San Francesco ai pesci di Arnold Böcklin, mettendo in scena la stupidità umana che persiste nel navigare nella notte ignorando il significato profondo del rispetto per la natura. Altre volte, come nel caso della pittrice Sylvia Geel, la sintesi delle plateali contraddizioni umane è tema unico e centrale dell’opera intitolata Delicatesse: l’installazione creata dall’artista presenta una gabbia raffinata, quasi una prigione della mente ottusa, entro la quale si manifesta la brutalità, camuffata da «raffinatezza» dell’ancora diffusa abitudine di catturare attraverso aste cosparse di colla piccoli volatili, il cui dibattersi per liberarsi, con il conseguente aumento di produzione di adrenalina, renderebbe più appetitose le carni consumate a prezzi proibitivi da raffinati amanti della cucina esclusiva del sud Europa. Un atto d’accusa che utilizza ogni singolo mezzo per ricordare al mondo distratto quanto l’essere umano possa risultare crudele nel suo insensibile e autodistruttivo egoismo. Messaggio ulteriormente avvalorato dalla decisione di Margrith Raguth di accostare alla installazione di Sylvia Geel i corpi «incompleti», «non finiti» o «mancanti», realizzati da Hans Thomann: figure, che se da un lato richiamano le armature dei cavalieri medievali, quasi l’evocazione di un mondo idealizzato e carico di valori, dall’altro evidenziano la loro mancanza di completezza e di consistenza trasformandosi gradualmente, dall’alto verso il basso, in vuoto e nulla. Questi e tanti altri esempi di interpretazioni dei mondi esistenti al di là di uno sguardo superficiale e distratto e al di là di quanto si insista che venga messo in scena per nascondere altro, sono momenti di cultura che la Torre Fiorenzana di Grono mette a disposizione del pubblico come occasione per incontrare e confrontarsi con la visione altra delle cose. Oltre agli artisti già citati hanno contribuito all’allestimento di questa concreta occasione culturale moesana gli artisti Marco Färber, Jane Steel, Kiki Gervasoni, David Werthmüller, Carla Hohmeister, Dora Wespi e Barbara Jäggi.
La mostra potrà essere visitata il sabato e la domenica dalle 14.00 alle 18.00 dal 25 luglio al 2 ottobre. Per visitare la mostra fuori orario o programmare visite guidate è possibile fissare un appuntamento telefonando al numero 079 763 62 44.