Ero una Veltlinerin
- 30-07-2020
Nel programma delle manifestazioni della Pro Grigioni Italiano, sezione Valposchiavo, dal 18 al 21 luglio con il titolo «Un viadotto di storia a Brusio», martedì sera 21 luglio 2020 era prevista anche la proiezione di un documentario. Purtroppo, a causa dell’instabilità del tempo, il filmato è stato girato nella ex scuola Li Geri di Campocologno, alla presenza di un consistente numero di spettatori. Il documento tratta di una testimonianza raccolta dall’Associazione «Argonaute», che consiste in un gruppo di donne della Provincia di Sondrio.
La manifestazione è stata brevemente introdotta dal collaboratore regionale Pgi Giovanni Ruatti, dopodiché la signora Mariella Londoni, cofondatrice della citata Associazione, ha presentato le caratteristiche del suo Sodalizio, il quale nasce nel 2004 per volontà e impegno di un gruppo di donne, con la motivazione di essere in una realtà dove il disagio e l’incomunicabilità pesano ancora nella quotidianità femminile. Infine la signora Maria Marchesi, preparatrice del progetto, che si è occupata anche delle interviste e della regia, in collaborazione con la signora Maura Cavallero. Maria Marchesi ha pure effettuato le riprese.
«Ero una Veltlinerin» è un documento molto importante e di valore storico-sociale, che però non ha la caratteristica di essere un’analisi sociologica, ma piuttosto una testimonianza di un momento difficile della storia valtellinese, che poi, in definitiva, rispecchia anche quella poschiavina.
Sono state intervistate undici anziane donne che in gioventù hanno dovuto emigrare in vari cantoni della Svizzera, per lo più a causa della necessità di sopravvivenza. Infatti subito dopo la Seconda guerra mondiale c’era scarsità di cibo e di lavoro in loco, per cui l’emigrazione era l’unica soluzione per trovare un’occupazione. Con quel poco che prendevano di salario, risparmiavano e mandavano i soldi a casa, per coprire le necessità della propria famiglia, in difficoltà finanziarie. Non dobbiamo dimenticare che a quel tempo anche la Svizzera non si trovava proprio nella bambagia. C’era sì lavoro, ma pure un po’ di ristrettezza.