
Fabio Cortesi fa una scoperta eccezionale
Nei fondali oceanici, a oltre un kilometro di profondità, la luce del sole fatica ad arrivare e lascia questi abitanti degli abissi nella totale oscurità. La rivista “Science” - rivista scientifica pubblicata dall'American Association for the Advancement of Science e considerata una delle più prestigiose riviste in campo scientifico – ha pubblicato una ricerca di un gruppo di ricercatori Internazionali. Questo gruppo, coordinato da Fabio Cortesi e la sua collega professoressa Zuzana Musilovà, ha fatto una scoperta eccezionale.
La pubblicazione descrive il comportamento della “Spinosa d’argento”. Questo pesce, grazie ad alcune caratteristiche genetiche, riesce a riconoscere i colori persino nell’oscurità dove la visione degli altri pesci invece è monocromatica (la maggior parte dei pesci vede solo il colore blu). Questa potrebbe essere una tecnica di sopravvivenza sviluppata dall’evoluzione per vedere potenziali prede e predatori. Scoprire la supervista è stato possibile analizzando il genoma di 101 pesci che vivono tra i 200 e i 1.500 metri di profondità. Dall'analisi è emerso che la spinosa d'argento (Diretmus argenteus) possiede ben 38 geni collegati alla vista, in particolare alle proteine della retina che catturano la luce, chiamate fotorecettori e responsabili della visione a colori.
Fabio Cortesi, biologo marino esperto di genetica, spiega: “La scoperta è avvenuta nel 2015 ed è stata pubblicata sulla rivista Science circa quattro settimane fa. Il processo scientifico è molto lungo e comporta tante verifiche da parte di esperti. Io e la mia collega Zuzana Musilovà abbiamo coordinato il gruppo internazionale composto da diciotto persone, ognuna specializzata in un preciso campo, e che avevano il compito di verificare la scoperta; effettivamente il risultato è stato il medesimo. Nei vertebrati la visione a colori è possibile grazie alla presenza nei coni della retina di vari pigmenti fotosensibili, detti opsine, ciascuno dei quali reagisce a differenti lunghezze d’onda della luce (negli esseri umani, ce ne sono tre, sensibili alla gamma del rosso, del verde e del blu), ma solo quando il flusso luminoso è intenso. Quando la luce è fioca, entrano in funzione i bastoncelli, che si attivano anche con pochi fotoni, ma che hanno un solo tipo di opsina, la rodopsina; è per questo che quasi tutti i vertebrati hanno una visione notturna monocromatica. Abbiamo scoperto che i pesci che vivono negli abissi sembrano capaci di vedere il colore e lo fanno usando diversi tipi di bastoncini e non solo uno come lo è per noi esseri umani. La luce nelle profondità marine non deriva dal sole ma dagli animali e si chiama bioluminescenza. Sono gli animali stessi a produrre la luce. Addirittura sembra che ci siano dei pesci che riescono a distinguere un tipo/colore di bioluminescenza da un’altra. La spinosa d’argento ha quattordici tipi di bastoncini ed è probabilmente grazie a questo che riesce a vedere il colore. Invece gli altri pesci degli abissi ne hanno solo quattro o cinque. Non sappiamo perché questo pesce ne utilizza così tanti e stiamo provando a dare una risposta”.
Cresciuto in Engadina e spostatosi per un breve periodo in Valposchiavo, Fabio Cortesi lavora attualmente presso l’Università di Queensland in Australia e studia i pesci della barriera corallina. Un grande salto dalle montagne all’Oceano. Cortesi continua: “Ho compiuto i miei studi di biologia a Basilea e volevo continuare a lavorare con gli animali; invece, nel nostro ambiente alpino avrei potuto lavorare solo con le piante e quindi ho iniziato con i pesci marini. Lavoro prevalentemente con i pesci della barriera corallina”.
Ci sono però altri aspetti che hanno affascinato il biologo verso il mondo dei pesci. Alcuni impensabili per una persona comune: “I pesci sono molto furbi e imparano velocemente. Ne sanno qualcosa i pescatori che ne catturano molti il primo giorno di pesca, e meno nei giorni successivi, poiché questi animali acquatici imparano velocemente a riconoscere le esche. I pesci mi affascinano, perché adoperano un sistema visuale differente dal nostro. Sono molto colorati e usano questi colori per comunicare. Molti piccoli pesci della barriera corallina usano gli ultravioletti per comunicare e riconoscere gli amici, i predatori o i partner. I pesci più grandi, come ad esempio le trote marine, non riescono a percepire gli ultravioletti e perciò i pesci piccolini comunicano in un colore che i predatori non riescono ad avvertire. Se pratichi lo sport subacqueo, noti che la luce cambia con la profondità e, se ci si taglia a dieci metri di profondità, il colore del sangue non è più rosso ma verde/marrone, perché i raggi rossi non sono presenti. Quindi gli animali di quelle profondità non vedono il rosso, ma vedono molto bene diversi colori di verde e blu e noi proviamo a capire anche questo”.
Ora abbiamo una prima scoperta pubblicata da Science, ma siamo sicuri ne seguiranno altre, visto il lavoro intenso degli scienziati. Auguriamo quindi a Fabio Cortesi di poter contribuire in maniera decisiva alle nuove scoperte scientifiche relative agli animali delle profondità marine.